Al mondo nulla vale come l'amore. Solo chi ama, chi è amato o entrambe le cose, puo' ritenersi vivo. Non ci sono soldi, non ci sono gioie, non ci sono grandezze che possono compensare quello che vivere una storia d'amore ci può dare. Ama e sarai qualcuno...fatti amare e sarai qualcuno felice.

mercoledì 9 marzo 2011

scriptor


 Concorso Primo capitolo di Scrptor
Vota senza fiato

martedì 7 dicembre 2010

Senza Fiato

Si era accorta di me per caso. Erano i primi di dicembre, da poco lavoravo in quel negozio. Ogni mattina mi svegliavo alle sei sentendomi ancora troppo stanco del giorno appena finito per trovare l'energia sufficiente ad affrontare il giorno appena arrivato. Dicembre era un mese terribile nel settore alimentare. Mi trovavo a combattere con casalinghe e vecchiette a caccia dell'offerta prima di Natale. Lei era l'ultima della fila. L'avevo notata quando, ancora di spalle, aveva poggiato l'enorme borsa nera che portava in spalla e aveva preso il numero per mettersi in coda. Le avevo appena visto la nuca e ne ero già rimasto attratto. Aveva un taglio di capelli corto dietro con le punte lunghe in avanti che le incorniciavano il viso sottile. All'apparenza sembrava una ragazza di appena vent'anni ma il suo volto e il suo sguardo triste svelavano che doveva averne qualcuno di più. I suoi occhi nocciola avevano rubato i miei fissandoli. La sentivo dentro le pupille e nonostante fosse ancora troppo lontana da me per vederla meglio ed avere, con la scusa di chiederle cosa volesse acquistare, il diritto di guardarla, scavalcavo sfacciatamente tutte le altre teste per guardare la sua. Non avevo fatto in tempo ad esaudire le richieste della cliente che la precedeva, il mio collega era stato più fortunato di me e toccava a lui servirla. Lei educatamente aveva salutato e fatto il suo ordine tutto sempre guardando me che, a mia volta, avevo servito il cliente successivo (una vecchietta ossuta e rompi palle) guardando lei. Il mio comportamento doveva esserle sembrato curioso tanto da sorridere ancora prima di andare via. Avevo ricambiato il sorriso. Mi erano serviti dieci minuti buoni per riprendermi dallo scombussolamento interno che quell'incontro banale mi aveva generato. Avevo ripensato a lei in auto mentre da solo tornavo verso casa. Avevo pensato a lei nel pomeriggio quando avevo ripreso a lavorare e la sera quando stanco, dopo cena, mi ero sdraiato sul mio letto. Non sapevo nulla di lei e non avevo la certezza che l'avrei mai rivista, eppure, non facevo che sperarlo. Per settimane non successe nulla, non la vidi più e ne restai deluso sentendomi stupido. Era vero mi aveva guardato, così almeno mi era sembrato ma perché mai avevo creduto che anche lei dovesse essere rimasta così affascinata da pensarmi o addirittura tornare lì per vedermi? Che presuntuoso! Vedevo la vita con gli occhi ingenui di chi non conosce l'amore e le disastrose conseguenze che porta, ero invaghito di una sconosciuta senza nemmeno saperlo. Di sentimenti non ho mai capito molto, come non ho mai capito molto di me, di quello di cui avevo bisogno, di quello che perdevo e trascuravo, di quanto fosse insano dentro di me il desiderio nascosto di innamorarmi. Ero un ragazzo di diciannove anni che faceva ancora a pugni con il padre per le sue convinzioni. Non avevo voglia di studiare e mi alzavo tutte le mattine alle sei per pochi soldi solo per non sentirmi dire che ero un buono a nulla e per meritarmi quel tetto sulla testa che i miei genitori dicevano di offrirmi, ingiustamente, ogni giorno. Era la vigilia di Natale. La confusione era raddoppiata. Un via vai di gente impazzita che comprava quintali di roba da mangiare, la maggior parte della quale sarebbe finita sicuramente nella spazzatura. Tra le molte teste riconosco la sua. Prende il numero e si mette in coda dalla mia parte. Mi sorride da lontano facendomi rimbalzare il cuore in gola, le rispondo con un sorrido e vedo il rossore velare le sue guance. Si morde le labbra più volte, gesto che più in là le vedrò fare mille volte e che mi incanterà. Mi piaceva come si mordeva le labbra torturandosi quello inferiore con i denti bianchi, come a nascondere un mezzo sorriso malizioso o trattenere un pensiero troppo intimo che vuole scappare.
Ciao”
Salve...” rispondo per abitudine pentendomene all'istante un ciao sarebbe stato più caldo e vicino
Mi dai due etti di prosciutto cotto?”
Certo” avevo difficoltà a compiere i soliti gesti con lei così vicina. Senza riuscire a smettere di guardarla per paura di perdermi un secondo di lei che, per tutto il tempo, mi fissa e mi sorride quasi sapesse tutto quello che dentro mi succede.
Le porgo il pacchetto, lo prende strofinando apposta le sue dita contro le mie procurandomi un brivido alla schiena. Mi paga e con i soldi butta giù nel palmo della mia mano un piccolo oggetto che scivolando cade giù.
Cos'è?” Dico vistosamente stupito e imbarazzato
E' per te! Auguri!” Va via senza darmi il tempo di dire altro. Mi trovo con un piccolo Babbo Natale dentro la sua palla di vetro circondato dalla neve. Ha un sorriso largo e un' espressione felice che sembra sbeffeggiarmi per la figura che ho appena fatto.

Sono stato un vero coglione!”
Su dai che ne potevi sapere che ti gettava in mano il regalo di Natale!” Elisa cerca di confortarmi ma quel tono ironico che le esce involontario rivela che il mio pensiero è esatto: sono un vero coglione!
E' andata via senza più guardarmi, era evidentemente imbarazzata anche lei, non la vedrò più!” L'affermazione del mio pensiero era uscita più come una sentenza che mi ero dolorosamente inflitto
Come sei drastico, non è successo nulla di così grave! Voglio dire se io fossi lei e tu, ipoteticamente, mi dovessi interessare questo piccolo incidente non avrebbe nessuna importanza”
Ti ringrazio, chiara e limpida come al solito, ora sparisci voglio stare solo!”
Elisa era la mia migliore amica. Da ragazzo svogliato e casinista qual' ero, mi era sempre venuto difficile crearmi legami maschili che non finissero in furiose liti perché avevo fregato la ragazza di turno all'amico di turno. Nonché tutte le ragazze che avessero avuto i miei amici di passaggio mi interessassero. Ero io che interessavo loro. Il mio fisico snello e i miei occhi chiari avevano sempre avuto il loro fascino sulle ragazze altrui che, per noia, avevo accontentato della mia compagnia. Tutte storie di una notte appena, nessuna che fosse valsa la pena di continuare alla luce del sole. Elisa la conobbi da bambino. Coetanei avevamo iniziato a giocare insieme che lei aveva ancora il pannolino mentre io già cercavo di dare fuoco alla casa dei miei con la scusa che, da grande, avrei fatto il pompiere. Era stata la sorella che avevo desiderato e mai avuto. Mi ero preso cura di lei come un fratello maggiore nonostante avessimo la stessa età. Fin da piccola era stata così magra che anche un soffio di vento avrebbe potuto farle male, era così fragile che l'istinto di protezione maschile aveva superato qualunque altra cosa legandomi profondamente a lei. Ed era per questo l'unica a cui mai avrei potuto raccontare di quello che mi succedeva dentro senza sentirmi infuocare dalla vergogna. Tra noi, a parte questo legame, non c'era mai stato nulla. Per me era una sorella e lo sarebbe sempre stato, il suo continuo ricordarmi e sottolineare che non ero il suo tipo era un gioco che la divertiva e che io le facevo fare. Rimango sdraiato sul letto a fissare la palla di vetro dove Babbo Natale ride ignaro della mia sofferenza.
Era trascorso Natale e perfino Capodanno. Avevo abbandonato il vecchio anno ad una festa di ex compagni di scuola, quelli che adesso andavano all'università e si sentivano fighi. Mancava ancora un'ora alla mezza notte che ero già ubriaco marcio. Fortunatamente non ero fastidioso per gli altri sotto l'effetto dell'alcol. Semmai ero totalmente innocuo e leggermente più disinibito con le ragazze che, quella sera però, non trovavo per nulla interessanti. In testa avevo lei. La sua immagine, il suo sorriso, la sua voce, il rossore delle guance, il suo mordersi le labbra. Avrei ucciso per vederle oltrepassare la porta di quella casa e trovarmi nella stessa stanza, poterla avvicinare, sapere almeno il suo nome. Avevo pensato a lei molto spesso non riuscendo a togliermela dalla testa tanto da nutrire un sentimento di fastidio, chi era in fondo questa lei da dovermi torturare così?
Cinque giorni dopo l'arrivo del nuovo anno, in un momento di quiete in cui per ingannare il tempo decido di mangiarmi un panino, la vedo apparire. Quasi mi affogo per la sorpresa. Ha i capelli tirati su con un fermaglio scoprendo interamente il collo e la sua pelle bianca. Un giubbotto corto in pelle marrone scuro che tiene chiuso e un paio di jeans scoloriti che aderenti mostrano la forma delle sue gambe perfette. Si avvicina “Hai un attimo?” Sorride
Come?” Balbetto come un cretino
Hai un momento...ci prendiamo un caffè?” Si morde il labbro inferiore
Certo!” Adesso sembrava che io conoscessi solo due vocaboli salve e certo
Guardo il mio collega per capire se posso anticipare la mia pausa caffè. Mi risponde di andare tranquillamente mentre da sotto il bancone si diletta in gestacci volgari che devono divertirlo molto.
Le cammino affianco che non mi sembra vero. Lei tiene le mani in tasca, io non so dove metterle. Mi sento così impacciato che le braccia quasi mi danno fastidio come se non fossero utili ma una parte in più del corpo. Sistemo il colletto del mio bomber per impegnare le mani. Distrattamente lo sguardo cade sulle dita della sua mano sinistra che ora trafficano con la lampo del suo giubbotto, vedo spiccare la fede al suo anulare.
Il mio stupore si traduce nel mio deglutire rumorosamente, se ne accorge
Cosa c'è?” Il suo volto è vicinissimo al mio
Nulla, nulla” ma da pessimo bugiardo lo faccio guardando nuovamente quello stupido monile. Segue i miei occhi e capisce, accarezzandosi le mani mi sorridere
Questo è un prezioso ricordo, non preoccuparti, te ne avrei parlato ...più in la'”
In effetti sono passati pochi minuti, c'è tempo” cerco di riprendere in mano la situazione e spero solo che il calore che sento non sia visibile in viso.
Entriamo nel primo bar che incrociamo e ci sediamo uno difronte all'altro. Guarda verso il cameriere
Ferma, non fare nulla!” Le dico serio
Ok” sorride incrociando le braccia al petto
Ordino due caffè e li pago immediatamente, ormai ho capito che è rapida in queste cose e devo batterla sul tempo. Lei sorride vistosamente divertita, si sistema dritta sulla sedia come se dovesse dirmi qualcosa di importante
A fine mese parto, vado a Londra per un nuovo lavoro” mi fissa
Avrei preferito forse che mi dicesse: sono sposata
Che lavoro fai?”
Sono una personal shopper”
Sembra una cosa impegnativa...” Non saprei neanche ripeterlo e non ho idea di cosa sia
A volte lo è. Volevo avere la possibilità di parlarti due minuti senza dovermi riempire la casa di prosciutto, sono vegetariana!”
Mi esce una risata di gusto che riempie l'aria e toglie un po' d'imbarazzo. Vista da vicino è davvero bella. I suoi lineamenti perfetti fanno venire voglia di disegnare, di farle un ritratto lì su due piedi anche se non sono nemmeno capace di tenere in mano una matita. Ha le labbra lucide, le fisso ogni volta che apre e chiude la bocca per fare uscire una voce fino a ieri a me sconosciuta. Senza volerlo le guardo nuovamente la fede al dito. Istintivamente ci passa la mano sopra.
Mi sono separata un anno fa, la tengo per abitudine”
No scusa, non volevo...”
Per i particolari pero' ci vuole almeno un secondo appuntamento non credi ? Sempre che tu sia libero?”
Mi stava chiedendo di uscire? Dovevo essere io a farlo ma come un coglione mi ero fatto superare e in più stavo perdendo tempo nel risponderle “certo che sono libero, liberissimo...anzi..quando vuoi...” sono ufficialmente diventato balbuziente
scrivimi il tuo numero” mi avvicina un tovagliolino di carta e una penna che tira fuori dalla sua borsa.
Lo ricordo a fatica preso dall'emozione, ci metto un'eternità a scrivere ma alla fine ci riesco. Mi piace come riprende quel tovagliolo e avvolgendolo lo mette in tasca. Mi piace come muove le mani. Mi piace il non poter smettere di guardarla e trovare in ogni suo gesto banale qualcosa che gli altri non hanno. I minuti sembrano correre. Poco dopo la saluto e torno a lavoro non potendo fare diversamente. Prima di uscire faccio il gran finale chiedendole “Com'è che ti chiami?”
Gloria” Risponde dolcemente sorridendo
Io sono Leandro!” Me ne vado salutando con la mano.


L'ho salutata con la mano capisci? Ho ondeggiato la mano a destra e sinistra davanti a lei come un cretino per svariati minuti...non mi chiamerà mai!”
Lo sai che sei proprio un idiota! Ti preoccupi di queste stupidaggini mentre non ti rendi conto che non sai nulla di lei!”
Ha un nome stupendo e un sorrido che stende!”
E' un matrimonio alle spalle e magari una decina d'anni in più di te...ci hai pensato? Svegliati!”
E anche se fosse?” Elisa è alle mie spalle, mi volto per guardarla
Davvero non hai idea del guaio in cui ti stai cacciando?”
Guaio?” La vedo prendere una sedia e posizionarla davanti a me prima di sedersi sopra
Proverò a spiegarti tutto con parole semplici, anche se, mi stupisce che tu non abbia capito il suo gioco”
Gioco? Ma di cosa parli? Neanche la conosci...”
Dopo averti guardato e stordito di sorrisi ti offre un caffè, la prima cosa che ti dice è che starà sì e no un mese appena prima di sparire all'estero con la scusante del lavoro. Esprime il desiderio di vederti una seconda volta ma non ti dice il suo nome finché non glielo chiedi. Ti racconta del suo matrimonio finito solo perché le vedi la fede al dito che ancora tiene per una ragione oscura. Non ti svela il suo numero di telefono ma ti chiede il tuo. Ti è più chiaro adesso?”
Direi di no”
Ottuso! Mollusco! Ti ha chiesto una scopata di una notte e se proprio devo dirti quello che penso credo che abbia anche un marito a Londra oltre ad un lavoro importante!”
Chiara e limpida anche questa volta! Da quando hai la palla di vetro?”
Non serve la palla di vetro! Svegliati Leandro!”
Credi davvero che io valga così poco da poter interessare ad una donna solo per il sesso?” La guardo serio
Decisamente sì, e la cosa più triste è che nel profondo questa cosa non ti infastidisce come fai credere”
Sorrido, si allontana sdegnata e continua il suo monologo guardandomi da lontano.
Elisa a volte era proprio una stronza ma, se dovevo pensare al passato potevo solo aggiungere che era anche una veggente ...i suoi pronostici risultavano sempre reali, il suo ultimo decisamente mi spaventava, quasi la odiavo per le parole che aveva detto “per una volta non puoi provare ad essere ottimista per me!” Mi aveva guardato con aria stupefatta per aggiungere sospirando “Sei tu che te le vai a cercare amico mio...” lanciandomi un ultimo sguardo di commiserazione aveva lasciato la stanza chiudendosi la porta alle spalle prima che il cuscino, che le avevo lanciato, la colpisse. Guardo il guanciale bianco a righe blu sul pavimento e mi sento perso come quell'oggetto morbido incapace di rimettersi al posto da solo. Le argomentazioni di Elisa aleggiano tra le mura della mia stanza lasciandomi almeno due dubbi su cui ragionare. Era così evidente che questa donna non era adatta a me? Era così evidente che per la prima volta desideravo qualcuno in modo diverso da come avevo sempre fatto? La risposta era affermativa in entrambi i casi. C'era però un terzo ed ultimo elemento su cui potevo concentrarmi. Tra le tante cose che Elisa aveva, giustamente notato, c'era la preoccupazione per me. Questo poteva significare una sola cosa: per sesso, per gioco o per qualunque altra cosa poteva essere non ero, comunque, indifferente a Gloria. Un punto a mio favore, un punto su cui giocare e da cui partire. Decido di ascoltare un po' di musica e pensare a lei, non faccio in tempo ad accendere lo stereo che mia madre dalla cucina mi urla di raggiungerli per pranzare. Le donne! Sono decisamente un problema per me sotto qualunque forma.


continua...

T'incrocio la vita

Mi sudano le mani al solo pensiero di rivederla. Sono passati pochi mesi è vero dal nostro ultimo incontro e ci sentiamo spesso al telefono, ma ogni volta per me è un’emozione così forte che quasi mi fa paura. Ultimamente poi, mi sembra sia cambiato qualcosa tra noi ma questo solo il tempo potrà dirlo.
Dopo anni che non stiamo insieme, se non per brevi periodi, ora sono tornata, tornata per davvero, per restare con lei, per vivere nella mia amata e odiata Sicilia, recuperare quello che un tempo è stato mio e che ho lasciato per dedicarmi ad altro e dimenticare ciò che restando qui non potevo.
Parigi resterà per sempre nel mio cuore è stato bello viverci finché una mattina non mi sono svegliata con questa voglia di tornare a casa “Fallo Gia!” Ho mollato tutto e sono corsa qui. Da una parte è stato facile, non avevo poi raggiunto granché neanche a Parigi. Ho lasciato un lavoro precario, un appartamento ormai troppo grande, qualche conoscente, alcuni amici che rivedrò volentieri più in là e… Pierre “Non cambierà nulla Gia io per te ci sarò sempre” e sapere che è così mi è bastato per poter tornare. Niente amori, amanti, come sempre non ho costruito intorno a me niente di stabile, niente che fatichi a lasciare, perché questo in fondo è quello che ho sempre voluto essere: libera da qualsiasi cosa e da chiunque, per non affaticarmi mai. Pierre è stata la mia unica fatica, l’unico cruccio. Pierre è stata la prima persona che mi ha sorriso a Parigi un pomeriggio grigio mentre pioveva e mi sentivo smarrita e sola. Abbiamo legato subito. Trovavo attraente il suo modo di gesticolare mentre mi parlava, sarei potuta restare ore ad ascoltare senza mai fiatare davanti a quelle mani così curate, così sensuali da sembrare appartenere più ad una donna che ad un uomo come lui. Quel pomeriggio di pioggia tornai a casa con il sole. A Parigi il clima è bizzarro, inaffidabile ma presa come mi sentivo da questa nuova conoscenza io quel giorno credetti che il sole fosse spuntato con Pierre. Non è venuto a salutarmi all’aeroporto. Ho sperato che come in un film apparisse all’ultimo momento e invece nulla, solo un sms “scrivimi ogni giorno Pierre” Sta notte gli scriverò un e-mail, una al giorno da accordi siamo rimasti così, perché noi le giornate ce le siamo raccontate sempre di getto la sera sul divano a casa mia, racconti sfiatati senza punteggiatura, in un unico respiro “prendi fiato Gia, respira”.
Sono le nove esatte. La gonna al ginocchio che indosso sui jeans a vita bassa mi crea qualche imbarazzo all’aeroporto di Catania. A Parigi è normale vestirsi così, qui in Italia non tutti apprezzano l’originalità. Questa è una cosa che mi mancherà parecchio. Libertà d’immagine, di poter seguire le mode a proprio gusto, di non seguirle a fatto e crearne di proprie. In Sicilia, come nel resto dell’Italia poi, tutti si vestono allo stesso modo, camminano, mangiano, ridono, piangono allo stesso modo, sembrano tanti robot telecomandati programmati allo stesso modo.
Una piccola mano mi saluta da lontano stendendo in alto il braccio magro: è Siria mia sorella. Ci sbagliamo quattro anni appena eppure il distacco tra noi è sempre stato abissale, non siamo mai riuscite ad avere un vero rapporto fraterno. Spesso non ci siamo proprio capite quasi fossimo completamente estranee, ma ci siamo sempre mancate profondamente, almeno questo è quello che ho provato io per lei in tutti questi anni di lontananza. Otto anni, non mi sembra ancora vero di essere stata via tanto né tanto meno di aver deciso di tornare. Non ho ancora detto a nessuno di questa mia decisione forse, perché temo che non sia ben accetta.
Ciao, come stai?”
Ciao, bene, come sei bella!” Ci abbracciamo forte come ogni volta che ci vediamo dopo, poco o molto, tempo che io sono stata via.

Camminiamo fianco a fianco per raggiungere l’automobile con cui tornare a casa. Sento gli occhi di Siria interrogarsi sul mio abbigliamento…
Che c’è?”
Nulla” Scuote la testa come se l’avessi colta nel pieno dei suoi pensieri
Eri indecisa su cosa mettere?”
Sì, così ho messo sia gonna che pantaloni, hai visto che furba la tua sorella maggiore!” Ridiamo ed è un modo per far andar via anche un po’ d’imbarazzo che inevitabilmente ci prende quando ci rivediamo. Non è come al telefono, attraverso una cornetta anche le parole sembrano essere più facili e leggere, di presenza è sempre tutto più difficile.
Allora come te la passi?”
Bene, cioè come sempre, qui è sempre tutto uguale lo sai… tu piuttosto che combini a Parigi?”
Nulla, tutto uguale anche lì.”
Sai non ti aspettavo così presto, voglio dire mi fa piacere che sei di nuovo qui tra i piedi, ma non è che la Francia ti ha già stufata vero?” Il suo tono mi sembra preoccupato, mi volto per guardarla e intravedo un sorriso
Ma la smetti di prendermi in giro!” Le do un colpetto sulla nuca…
Ahia, guarda che ti lascio qui….oh no, merda non è possibile!”
Cosa c’è?” I suoi occhi atterriti fissano la portiera della sua auto fracassata.
Cavolo la radio, l’avevo appena comprata!”
Ma non è un parcheggio custodito questo?”
Mi guarda come se avessi detto una vera cazzata…
Tu la Sicilia non te la ricordi proprio più eh!”

Al primo autogrill dopo l’aeroporto accosta l’auto.
Che fai?”
Ho voglia di un caffè e di due chiacchiere prima di metterci in strada, ti va’?” Annuisco rilassata. Mi fa piacere che lei abbia voglia di parlare un po’ con me, in un certo senso inizio a sentirmi meno a disagio, meno intrusa. Mi precede, noto improvvisamente la sua magrezza eccessiva a cui prima non avevo badato.
Stai sparendo, mangi ogni tanto?”
Sì non preoccuparti, ho lavorato un pochino più del dovuto negli ultimi tempi brucio molto”
Immagino!” Ci sediamo al primo tavolo libero.
Dico davvero, tra il lavoro al supermercato e la scuola di ballo, non mi fermo un attimo”
A proposito come va la scuola di danza?”
Bene, ho tre nuovi allievi, anzi perché non vieni a fare qualche lezione?”
Non è che ballare mi piaccia molto, ma se ci tieni…”
Ovviamente se ci sarà il tempo rimani sempre così poco, a proposito quanto ti fermi?” Mi butta questa domanda così come se non fosse importante, la sua voce nasconde un po’ di ansia questo mi dispiace ma lo comprendo. Nella propria solitudine si crea la compagnia di cui si ha bisogno fatta di impegni, orari precisi, liste della spesa e ogni piccola interferenza esterna, anche se gradita, porta con sé un po’ di scompiglio. Lei è come me la conosco, ha bisogno che tutto rimanga sempre uguale per trovare stabilità. Così, non me la sento di dirle che sta volta avremo tutto il tempo.
Qualche settimana. Credo”

1
Saluti e intrusi


Mi sveglio con le urla di Siria che canta sotto la doccia, qualcuno dovrebbe avere il coraggio di dirle che è bravissima a ballare ma che a cantare fa davvero schifo, per un momento ho temuto che qualcuno la stesse uccidendo. Mi guardo intorno. E' strano non trovarmi circondata dalle pareti ocra della mia camera in affitto con le foto attaccate con il nastro adesivo da imballaggio che penzolano reggendo solo da un lato, ripromettermi di sistemarle il prima possibile e rimandare sempre quel momento a dopo le migliaia di colazioni che ho fatto, le miglia di volte che ho risistemato il letto, che mi sono recata a lavoro e che sono uscita. Le foto sono rimaste sempre lì penzoloni aspettando il momento di essere appese bene. Non dovevano aspettarselo di essere invece strappate via del tutto per essere riposte nella valigia da dove adesso le tiro fuori. Mi siedo sul pavimento poggiando la schiena al letto. Ripasso quelle foto tra le mani e sorrido guardandole. Il sorriso di Siria bambina è lo stesso di sempre, quello che mi ha accompagnato tutte le mattine nostalgiche e piovose di Parigi augurandomi buongiorno appena sveglia, quello che ho ritrovato ogni volta all’aeroporto per dirmi bentornata. La foto dei miei genitori che si stringono in uno dei loro ultimi viaggi di riconciliazione in Tunisia prima di lasciarsi nuovamente e forse, si spera definitivamente…. la foto di me e Pierre. Chi non ci conosce bene non potrebbe mai riconoscerci, ridiamo in maniera così eccessiva che le nostre bocche sono enormi e piene di denti, i visi incollati le nostre guance rosse si confondono tanto siamo appiccicati. Bacio la foto. Cazzo mi manchi! Nell’ultima foto c’è “Lui” …. esito un attimo, mi vergogno in realtà, no qui questa non posso esporla, non qui, meglio riporre tutto in valigia. Da quando scesa dall’aereo l’aria di Catania è rientrata nei miei polmoni ho capito che la vera ragione per cui sono tornata è Gabriele, ma è ancora presto per crederci davvero, voglio fingere di avere ancora la speranza che non sia così.

Mi dirigo in cucina, Siria è ancora in bagno, decido di preparare la colazione. Latte, cereali, pane, nutella tiro fuori tutto ciò che trovo. Siria deve aver fatto la spesa prima che arrivassi, è tutto nuovo, sigillato. Le tovagliette all’americana sono ancora nel solito cassetto, ne tiro fuori due per apparecchiare la tavola, se ci fossero dei fiori li metterei al centro del tavolo, mi sento romantica. Poco dopo Siria entra nella stanza pronta per uscire.
Giada io…ma che roba è?”
Sorpresa! Siediti facciamo colazione, il pane è quasi pronto!”
No, grazie ho già preso un caffè!”
Dai non puoi andare via a stomaco vuoto”
No, davvero non mangio la mattina... è tardissimo”
Ma siediti dieci minuti stai perdendo più tempo a parlare che...”
Ciao a dopo” chiude porta e discorso in un solo gesto.
L’ho irritata, mi sento invadente, mi è passata la fame.

Sotto la doccia programmo la mia giornata, l’aria si fa pesante meglio impegnare il tempo nei minimi dettagli. Devo scrivere un e-mail a Pierre, lo farò in serata al mio ritorno. Devo passare da mia madre a salutarla, tappa che rimanderei volentieri a dopo, ma urge farlo subito per dare pietà al mio cellulare che trabocca dei suoi sms “quando vieni?” “Allora arrivi?”. Devo passare a salutare mio padre al cantiere, altra tappa che rimanderei...poi finalmente farò un giro da turista per provare ad ambientarmi e infine spero che la giornata sia giunta al termine e che mi senta abbastanza soddisfatta da addormentarmi. Ultimamente fatico a prendere sonno, ma spero di aver lasciato questo piccolo dettaglio tra le lenzuola di Parigi.
Sono indecisa se prendere il tram o andare a piedi poi l’idea folgorante. Ed eccomi sulla mia “Graziella” rosa del 97’. Il mio regalo per il diploma da ragioniera conseguito con scarsi risultati e due anni di ritardo “Papà se quest’anno passo me lo regali il motorino vero?” “Certo Giada tu intanto vedi di prenderti questo benedetto pezzo di carta però”. Il pezzo di carta infine l’avevo avuto ma lui per farmela pagare del tempo sprecato aveva deciso di punirmi, a suo modo, e in un primo momento ci riuscì “E’ uno scherzo vero papà?” Avevo piagnucolato davanti a quell’aggeggio inutile, ma in breve adorai la mia Graziella rosa con il cestino in vimini.

Il salone di mia madre è pieno di gente nonostante sia ancora presto. Le faccio cenno con la mano. Da un ultimo colpo di spazzola alla sua cliente, un tocco di lacca e corre subito da me. Bella come ogni volta che la vedo, i suoi capelli soffici, rossi, lucidi mai fuori posto il suo sorriso morbido come solo i sorrisi delle mamme possono essere.
Amore della mamma!” Mi abbraccia forte
Ma cosa hai fatto ai tuoi meravigliosi capelli?”
Incredibile, passa il tempo ma mia madre rimane sempre la stessa, non mi ha chiesto neanche come sto, mi ha trascinata sotto il lavello da dove, nel modo più scomodo del mondo, ora vedo scendere fiotti di acqua gelata e bollente che si mescolano a intrugli profumati “Riusciremo a metterli apposto questi capelli tesoro, non preoccuparti!”

Facciamo un nuovo taglio?”
No mamma”
Solo un pochino!” Mi mostra agguerrita le forbici allo specchio
Mammaaa!”
Ok, ok era giusto per toglierti queste doppie punte”
Riesco ad uscire dopo due ore e mezza di impacchi e trattamenti vari, profumo come una prostituta e ho i capelli gonfi come la coda del mio peluche dopo che è finito in lavatrice per sbaglio. Ora sì che mi si nota sulla Graziella rosa in giro per Siracusa.

Arrivo al cantiere dove lavora mio padre che è quasi mezzo giorno. Lui è nel suo ufficio come sempre. Parto, torno e lui è sempre lì chino sulla sua scrivania nel suo ufficio.
Ciao pà!”
Giadaa”
Mi offre il pranzo e mi riempie di attenzioni.
Quanto ti fermi?”
Non lo so papà!”
Avrei potuto svelare la mia decisione almeno a lui, è stato carino premuroso con me ma quella sensazione opprimente di ansia era ancora lì, forse è una nuvoletta che mi segue…

Sono le 15:00 quasi torno a casa, Siria non mi ha più chiamata, non so neanche a che ora finisce il turno oggi. Vado al centro commerciale, anche se pedalare dopo la pepata di cozze offertami da papà mi è alquanto difficile.

Mi guardo in giro, mi sembra di stare in mezzo a un mucchio di sconosciuti, non una faccia che mi dica qualcosa, non un’espressione dove riesca a riconoscermi. Sono tremendamente sudata, devo dare una svolta al mio guardaroba il clima qui è decisamente migliore. Mi è mancato questo sole, eppure una parte di me rimpiange la pioggia sottile di Parigi che ci ha inzuppati quel pomeriggio per correre a Lafayette con Pierre che mi trascina veloce “Corri Gia ci stiamo rovinando tutti i capelli” “Pierre sei peggio di una donna!” Sorride. Mi manca il suo sorriso, lo cerco tra i passanti. Rinuncio.



Reparto Hi-Fi
Ci sono centinaia di modelli di autoradio, ne scorro alcune file veloci con lo sguardo. Mi sento smarrita. Provo a indirizzarmi sul prezzo magari è più semplice. 238,00 euro-199,00 euro-800, 00 euro…cazzo 800,00 euro per un autoradio? Sono allibita, io non li spenderei mai, voglio dire è follia considerando che è un oggetto che non puoi neanche indossare...fossero scarpe. Il commesso mi guarda di sottecchi. Non lo vedo bene in viso non sono sicura ma sembra carino, che bello qualcuno si è accorto di me ma è un illusione che scompare di lì a poco. Per un attimo cerco di ricordare se ho indosso nuovamente la gonna sui jeans poi ricordo di avere solo i jeans e una felpa quindi non mi osserva per come sono vestita. Mi volto, ride con il collega che involontariamente guarda una volta di troppo i miei capelli. Cavoli me n’ero proprio dimenticata, mia madre se non la vedessi così di rado non avrebbe possibilità alcuna di conciarmi così.

Ore 19:00-
Mi sono appisolata sul divano. Un sms mi sveglia: “Mi trovi a lezione, se ti va fai un salto! Siria”
I miei muscoli chiedono pietà ho pedalato tutto il giorno, i miei capelli chiedono uno shampoo
Il tempo di una doccia e arrivo” lo scrivo poi lo cancello andrò senza avvisare, andrò a piedi.

La musica si sente appena da fuori, la voce di Siria che tiene il conto dei passi, invece, è forte e chiara. La guardo attraverso il vetro per un po’ prima di entrare. E’ bella come mia madre, il corpo sinuoso, è sexy quando si muove, sento un pizzico di invidia per le sue gambe snelle e sottili. Le mie oggi sembrano due prosciutti. Entro, mi siedo in disparte e assisto alla lezione. Mi vede. Mi sorride. Noto un ragazzo che l’ultima volta non c’era, la guarda insistente, lei lo sa e ne sembra felice.
Chi era quello?”
Quello chi?” Posa il toast del suo Happy Meal sul fazzoletto e beve un sorso del suo the al limone
Il ragazzo nuovo a cui fai lezione?”
Sono tre o quattro i nuovi arrivati”
Dai Siria non farla tanto lunga hai capito, quello basso che paga solo per guardarti visto che non ha mosso un passo!”
Quasi si affoga, un po’ arrossisce.
Quello è Andrea”
Oh e ci voleva tanto! Perché sei arrossita?” Bevo la mia coca-cola light.
E’ il mio ragazzo!”
Siamo tornate a casa in silenzio, fortuna che c’era Elisa con la sua “Labyrinth” a riempire l’aria tra noi. L’autoradio che le ho regalato ha il display azzurro “Grazie, ma sei matta! Non dovevi!” Ero stata contenta di averla vista sorridere, “Andiamo al Mc Donald’s ti offro la cena” ma lei il suo Happy Meal non l’aveva toccato neanche e io mi sento stupida, impicciona e un tantino grassa.

Ore 00:00
Caro Pierre è il mio primo giorno lontano, la stanchezza che sento mi ricorda che ho corso abbastanza da potermi concedere quel che resta di questa notte dormendo e lo farò subito dopo averti scritto. Nota positiva: sole tutto il tempo, qui il clima ha un solo umore…tu? Mi manchi, ma questo non lo scrivo come da accordi precisi con Pierre “Già mi manchi Pierre” “Guai a te, non voglio sentirtelo dire mai, i morti mancano e io sono vivo. Se proprio hai nostalgia di me prendi un aereo e torna…sei tu che te ne vuoi andare…” Hai ragione Pierre Buonanotte –Gia-